Una Vena d’Odio: la febbre dell’oro (e del potere)

“La terra dà, la terra toglie”, recita un vecchio adagio. Wilbur Smith lo ha capito molto bene, tanto da usare strenuamente nelle sue opere letterarie questa dinamica spietata che ricorda la natura matrigna leopardiana. Nei primi romanzi ad essere crudeli erano soprattutto le giungle, piene di animali feroci e di uomini ancor più selvaggi, e gli uomini in sé, sempre pronti a farsi la guerra.

In Una vena d’odio, quarto romanzo in ordine cronologico dello scrittore sudafricano scomparso nel 2021 abbiamo invece il ritorno al centro della scena dell’avidità – che aveva occupato molto spazio in Il destino del leone – declinata in un’immagine suggestiva: la corsa all’oro. Beninteso, non quella in senso classico, con gli uomini inginocchiati lungo i fiumi ad agitare recipienti. No, in questo romanzo l’oro è sepolto nella terra e viene estratto dalle miniere.

La copertina del libro e la locandina del film

Una Vena d’odio: la trama del romanzo

Il romanzo è ambientato nel periodo in cui è stato scritto (ovvero negli anni ’60-’70) in Sudafrica, dove conosciamo Rod, che di mestiere fa il direttore degli scavi della miniera di Sonder Ditch, una delle più redditizie dello Stato. A causa di eventi di forza maggiore Rod si ritrova invischiato involontariamente in affari loschi (in qualità di marionetta), tutto per merito di Manfred Steyner, il quale lavora a stretto contatto con il proprietario della miniera, Hurry Hirschfeld.

Manfred offre a Rod la possibilità di diventare direttore generale e lui, ovviamente, accetta. L’uomo – divorziato, con una figlia e molte amanti – conosce poi Terry Steyner, moglie di Manfred e nipote di Hurry. I due si innamorano follemente, mentre alle spalle di Rod (e anche un po’ di Manfred) si muovono decisioni e mosse degne di una partita a scacchi che hanno un unico obiettivo: far capicollare il mercato sudafricano per far guadagnare le altre superpotenze. Questo proposito si esaudirà o Rod lo scoprirà per impedirlo? Per saperlo vi tocca leggere il libro, ma se volete la versione ridotta potete guardarne anche il film.

Il Sudafrica

Egoismo, avidità e bramosia

Come ho accennato in apertura Una vena d’odio si trova in un triangolo immaginario che vede ai suoi vertici egoismo, avidità e bramosia, tutti elementi accavallati gli uni sugli altri e presenti in ogni singola linea narrativa del romanzo, anche quella più breve. Manfred, tanto per iniziare, brama il denaro e potere, fallendo nell’ottenere entrambi e facendosi manipolare ad hoc dagli uomini con i quali è indebitato.

Per quanto riguarda i minatori – in particolare Big King e suo cugino – abbiamo una virata verso l’avidità, dal momento che rubano l’oro dalla miniera per rivenderlo a un ricettatore (che morirà, ucciso proprio da Big King). L’avidità è presente anche nelle vite di Johnny e Davy Delange, anche se in misura minore. I due fratelli sono profondamente diversi, ma entrambi agiscono istigati da Hettie, moglie di Johnny (che Davy ama).

Da sinistra: Manfred (Bradford Dillman) e Rod (Roger Moore)

E proprio questi sentimenti si ricollegano al terzo elemento – la bramosia. Quella che Manfred ha seduto al tavolo da gioco, o che Hettie ha pensando alla vita da gran signora che vorrebbe. Allo stesso modo, c’è della bramosia nella relazione tra Rod e Terry, anche se la liaison tra i due viene narrata con un occhio positivo, dal momento che Manfred è un personaggio negativo.

Non è insolito, nei romanzi di Smith, la presenza di personaggi resi ciechi dal desiderio (o insitamente folli), e Una vena d’odio non fa eccezione: Manfred ne è l’esempio più lampante (si lava le mani con ossessività, gode fisicamente delle perdite al gioco e prova un disgusto quasi patologico per i corpi degli altri… insomma, dovrebbe andare in terapia), ma anche Big King esprime questa follia, sia durante le danze tribali che nel momento in cui commette l’omicidio del ricettatore portoghese.

Da sinistra: Rod (Roger Moore) e Hurry Hirschfeld (Ray Milland)

In contrapposizione a questi atteggiamenti c’è invece Rod, che è sì un personaggio pieno di imperfezioni, ma che viene eretto come eroe della storia e pacificatore, rimediando al sabotaggio e dimostrandosi un compagno migliore di Manfred agli occhi di Terry (il meno peggio se piglia tutto, insomma). Il film – Gold – sarà riuscito a rendere al meglio tutto questo?

Gold (1974): tutto quello che c’è da sapere

Gold è stato diretto da Peter R. Hunt, lo stesso regista dietro la cinepresa di Ci rivedremo all’inferno. La sceneggiatura invece è stata scritta a quattro mani da Wilbur Smith e da Stanley Price (Bitter Creek). Nel cast principale spiccano Roger Moore (Rod), Susannah York (Terry), Ray Milland (Hurry), Bradford Dillman (Manfred), Simon Sabela (Big King), Bernard Horsfall (Kowalski) e George Jackson (il dottore). E adesso passiamo alle differenze più importanti che ho notato durante la visione.

Da sinistra: Rod (Roger Moore) e Terry (Susannah York)

Personaggi pressati

In generale, i personaggi principali della storia appaiono meno sfaccettati delle loro controparti cartacee. Rod forse ne esce più inalterato degli altri, se si toglie il cambiamento del cognome (volevano forse evitare doppi sensi?), ma Manfred e Big King hanno uno spirito molto diverso. Il primo resta sempre il marito di Terry e il sottoposto di Hurry, ma è assente la vena di psicopatia e ludopatia che lo rendeva suo modo un personaggio fatalista.

Nel film è lucido e puramente interessato al sabotaggio, mentre nel libro ha le mani legate e non è consapevole di quello che accadrà alla miniera (né del tradimento di Terry). Anche Big King viene in un certo senso ripulito moralmente: nel romanzo era parte attiva del furto dell’oro (che nel film si verifica affatto) e commette un omicidio proprio a causa della ricettazione. Nel film invece uccide un minatore corrotto che contribuisce a causare lo sfondamento della parete della miniera: un omicidio, dunque, ma “eroico”.

Rod (Roger Moore) nella miniera

Fili tagliati

Si sa che quando si adatta un prodotto in un altro bisogna prendere le forbici e tagliare le parti che risulterebbero superflue, ma in Gold la trama originale è stata modificata davvero molto. Tolti alcuni personaggi secondari (i fratelli Delange e Hettie, il dottor Stander e Joy) che sono stati eliminati o rimpiazzati in maniera soddisfacente, l’assenza della follia di Manfred determina un profondo cambiamento a livello della trama.

Nel romanzo, infatti, l’uomo scopre il tradimento e, una volta finito sul lastrico, se la prende con Terry, arrivando addirittura al tentato omicidio e alla morte dopo una corsa folle in autostrada. Nel film questo non succede, anzi: è Manfred che rischia di morire investito dal suo socio dopo il fallimento del sabotaggio. Questo contribuisce ad appiattire i personaggi, oltre all’annullamento della maggior parte delle allusioni sessuali presenti nel romanzo (che erano comunque molto velate ma più abbondati ed erano funzionali alla trama).

Big King (Simon Sabela) durante l’allagamento

Voi cosa ne pensate? Vi ho incuriositi almeno un po’? Fatemi sapere commentando questo articolo e seguitemi su Goodreads e Instagram se vi va. Alla prossima!

L’oro ha molte proprietà straordinarie: il peso, l’incorruttibilità e, non ultime, l’avidità e la bramosia che fa accendere nei cuori degli uomini.

W. Smith, Una vena d’odio

Autore: Francesca

Scrivo. In pratica non so fare altro: sono goffa, timida e secondo qualcuno amo dormire a testa in giù. Ma amo anche leggere e osservare. Insomma, mi piace scappare dal mondo reale per rifugiarmi in quelli immaginari.

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